Nuovo mondo contadino

Dove la filiera tecnologica
forma il bracciante di domani

Innovazione e formazione, strumenti per arginare l’illegalità in agricoltura. Ma più tecnologia non significa anche meno manodopera? C’è una buona pratica che fa scuola in questo senso, ed è la società Finagricola nella Piana del Sele, provincia di Salerno.

Si tratta di una cooperativa leader nella produzione di ortaggi freschi e conserve vegetali, 400 ettari lordi di coltivazioni, 33 mila tonnellate di venduto e una filiera completamente integrata, dal seme alla consegna per lo scaffale. Il “più grande orto d’Italia” è riuscito a conciliare tecnologia e occupazione, formazione e attenzione per il tessuto comunitario. “Investiamo in una manodopera sempre più formata”, dice Massimo Staiano, direttore di stabilimento. “Parliamo di circa 50 corsi l’anno per circa 900 lavoratori, sia stagionali (anche stranieri) che dipendenti a tempo indeterminato”.

Finagricola garantisce lavoro a quasi duemila persone tra addetti alle linee in stabilimento e nelle serre. Risorse umane competenti presuppongono contratti e il rispetto dei diritti del lavoratore.

Un mestiere per giovani

La terra arabile più cara d'Europa

Il ritorno alla terra degli under 30 trova conferma in un boom d’iscrizioni agli istituti agrari: più 36% negli ultimi cinque anni. Sono oltre 45 mila i ragazzi che nell’anno 2017/18 alle superiori hanno scelto un indirizzo legato all’agricoltura, vista sempre più come una prospettiva di futuro.

Secondo il Ministero dell’istruzione, si registra un tasso di occupati di oltre il 73% a un anno dal diploma, con picchi che vanno dal 94% dell’Abruzzo, all’89 del Veneto, al 79 della Lombardia al 76 della Puglia. Ciò che rede attrattivi questi istituti è anche la crescente domanda di preparazione all’uso di strumentazioni come droni e sensori per il monitoraggio dello stato dei raccolti. Un’indagine Coldiretti nel 2016 ha rilevato come per i giovani agricoltori la tecnologia sia strumento utile “per ridurre i costi, aumentare efficienza e legalità”. Secondo lo studio “la nuova generazione di contadini sta usando la rete e la digitalizzazione come risorsa di sviluppo sostenibile. Per la maggior parte dei giovani agricoltori le radici culturali si sposano con l’innovazione tecnologica”.

Altro dato sorprendente sono i quasi 30 mila giovani italiani che nel 2016/17 hanno presentato domanda per utilizzare nell’agricoltura i Piani di sviluppo rurale (Psr) della Ue. Il 61 per cento di questi giovani risiede al Sud e nelle isole, il 19 per cento al Centro Italia e il restante 20 per cento al Nord.

Il maggiore ostacolo, per chi decide di prendere la via dei campi, è rappresentato dalla burocrazia, che, stando a Coldiretti, sottrae almeno 100 giorni di lavoro ogni anno. I giovani sono inoltre penalizzati dall’elevato costo della terra arabile, che in Italia è la più cara d’Europa, con un prezzo medio di 40.153 euro all’ettaro e il record europeo di 108 mila euro all’ettaro in Liguria. E pensare che nella Penisola esistono terre coltivabili di proprietà della Pubblica amministrazione per un valore di quasi dieci miliardi di euro. Beni per lo più abbandonati.